Un recente episodio mi ha fatto riflettere su quanto siano importanti non solo gli strumenti che abbiamo a disposizione, ma come li usiamo e come li facciamo vivere e percepire al nostro cliente.
L’episodio in questione è un recente viaggio sul Fecciarossa, da Milano Centrale a Rimini.
Era la mia prima esperienza su un treno veloce e avevo scelto, dovendo lavorare durante il viaggio ed alla ricerca quindi di comfort e tranquillità, il biglietto Executive. Un nome, un programma!
Questa modalità, dicevano le note, consiste in un vagone di soli 10 posti, con poltrone singole in pelle reclinabili, dotate di prese elettriche e tutta una serie di servizi e comfort inclusi. Un vero e proprio servizio VIP.
A tutti noi piace sentirci VIP. Inutile negarlo ![]()
Arrivo a Milano Centrale con mezz’ora di anticipo e scopro al varco che posso usufruire del Freccia Lounge, un ampio spazio riservato con salottini, bevande, snack, area working.
Un caffè ci voleva proprio, un’ultima telefonata ed è il momento di salire sul treno.
Oltre alle poltrone in pelle veramente enormi scopro che il vagone è dotato di una hostess dedicata, che si è subito premurata di portare a tutti (eravamo solo in 5) da bere, chiedere se volevamo riviste, quotidiani ed informandoci della disponibilità del Wi-Fi gratuito.
Poco dopo la partenza la hostess si avvicina e mi porge una salvietta calda per pulire le mani e la carta del ristorante. Cogliendomi impreparato le chiedo come funziona e mi spiega che il pranzo fa parte della classe Executive.
Con grande gentilezza prende l’ordine e si sposta nello spazio adiacente per preparare quello che avevo ordinato. Mi porta prima il vino che avevo scelto per accompagnare un secondo di carne, che mi viene servito poco dopo, con guanti bianchi ed un sorriso che accompagna il “Buon appetito”.
Non mi sembrava di aver letto, in fase di prenotazione, che fosse tutto compreso, ma stupito dai modi e dai servizi mi ero lasciato coinvolgere dall’esperienza, a prescindere dal fatto che fosse gratuita.
Immerso nel lavoro mi accorgo appena in tempo che, in perfettissimo orario, il treno stava raggiungendo la mia città di destinazione.
Scendo felice e soddisfatto. “Che bella esperienza, dovrei prenderlo più spesso il treno!”
Inutile dire che, pochi minuti dopo, stavo raccontando a tutti la fantastica esperienza. Nonostante il mio scetticismo iniziale nel prendere il treno, mi ero dovuto assolutamente ricredere.
Passano un paio di giorni ed arriva il momento di tornare a casa, ovviamente sempre Frecciarossa, inutile dirlo… sempre Executive!
A Rimini non c’è la Freccia Lounge, comprensibilmente, ma non è un problema. Nei 10 minuti di attesa mi godo la frizzante aria mattutina.
Arriva il treno, avevo scelto la stessa poltrona dell’andata, mi accomodo e ricreo il mio piccolo ufficio mobile.
Il treno riparte quasi subito, la hostess che mi aveva trattato da super VIP all’andata non c’è, non c’è nessuno in effetti.
Passa un’ora ed ancora non si è visto nessuno, eppure il biglietto è identico a quello dell’andata e tutti i servizi mi erano stati decantati solo pochi giorni prima!
Nel vagone siamo completamente abbandonati ed anche il vicino di poltrona si guarda intorno perplesso e dopo un altro quarto d’ora di attesa, vedo che si alza e allargando le braccia si incammina verso il vagone precedente.
Torna qualche minuto dopo, seguito da uno steward che visibilmente infastidito gli chiede “cosa vuole”. La preparazione viene svolta in maniera stizzita e una pseudo pietanza viene depositata di fronte al mio compagno di viaggio.
Ovviamente a me non chiede nulla e scompare da dove era venuto.
Inutile dire che i modi, l’atteggiamento, la cafonaggine mi hanno fatto passare immediatamente l’appetito.
Secondo te questa esperienza, che avrebbe dovuto essere identica a quella di due giorni prima, come mi ha lasciato? Consiglierò ad altri di andare in Executive? La sceglierò io stesso la prossima volta che dovrò prendere un treno?
Probabilmente avrai pensato “ma perché no, guardiamo il viaggio positivo” oppure “ah no, metti che incontro di nuovo il cafone”.
Entrambe sono valutazioni corrette, perché il vero punto è considerare quanto, una singola persona, è in grado di stravolgere completamente la stessa esperienza.
Racconto spesso questo episodio anche nell’implementazione di tutti gli strumenti che si utilizzano in MAXyss.
Non è lo strumento in sé che crea l’esperienza (il Frecciarossa) ma è l’impatto che genero nel cliente come persona (e quindi come azienda), che determinerà il piacere dell’esperienza stessa.
Nelle attività svolte vis-a-vis viene sempre fatta una analisi di tutto quello che genera impatto nei clienti, perché è il vero motivo che mi porterà alla vendita. Se ci accorgiamo, dal set di analisi, che qualcosa non lo genera, lo creiamo, lo procedurizziamo e lo implementiamo negli strumenti.
Pensa ad esempio al centralino della tua azienda, alla persona che risponde quando suona il telefono.
Hai definito come lo deve fare, in quale forma si deve presentare, in quali occasioni e modalità deve filtrare le chiamate, quale attitudine deve avere, come deve passare la telefonata e prenderne nota, quali informazioni deve chiedere all’interlocutore per farlo richiamare, come deve inserire queste informazioni nel CRM, etc.…?
La telefonata in entrata viene considerata una attività meccanica, non una fase di vendita, eppure lo è.
Tantissime attività quotidiane (molte più di quelle che pensi) hanno un impatto che fa cambiare, nel bene o nel male, l’opinione di un prodotto/servizio o di un’azienda ai clienti.
Tu quali strumenti e strategie stai attuando per regalare un’esperienza che sia sempre oltre le aspettative?
Creiamola insieme…
